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La Resistenza degli operai di Sesto San Giovanni

Italia

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Sesto San Giovanni, a nord di Milano, è la più importante zona industriale della città e tra le più importanti d’Italia. Qui gli operai, fortemente politicizzati dal Pci, guidarono le prime proteste contro il regime nel marzo 1943 e poi furono attivi durante tutta la Resistenza alimentandone la dimensione di classe.

Sesto San Giovanni era conosciuta come la “Stalingrado” d’Italia. All’inizio del Ventesimo secolo avevano trovato sede qui, poco a nord di Milano, fabbriche come la Pirelli, la Breda, la Falck, la Ercole e la Magneti Marelli. Negli anni Venti assommavano una forza lavoro di 45.000 operai (più dei residenti del Comune). Il PcdI vi aveva infiltrato una solida rete clandestina, strutturata su cellule di reparto e di fabbrica che avevano promosso manifestazioni di protesta nel 1930 e nel 1939.

Nel marzo 1943 è da qui che arrivarono le prime manifestazioni di dissenso verso la guerra, con il coordinamento di un Comitato interaziendale unitario, sorto nell’ambito del dopolavoro Breda. Durante i 45 giorni si ebbe una aperta riorganizzazione sindacale: il 26 luglio gli operai guidarono il corteo di festeggiamenti per la caduta del regime; il 9 agosto manifestarono nonostante l’intervento delle forze dell’ordine; l’8 settembre si autorganizzarono per la Resistenza all’invasione.

Nonostante l’occupazione e la repressione tedesca l’attività non si interruppe ed anzi culminò nello sciopero generale contro il carovita del 12-18 dicembre, che vide la sospensione totale della produzione. Nacquero i Comitati clandestini di agitazione e poi i Cln aziendali, collegati a quello cittadino sorto all’ inizio del 1944. Lo smembramento dei Gap e il fallimento dello sciopero organizzato del marzo 1944, portarono all’arresto e alla deportazione di molti operai. Quattro di loro furono tra i fucilati di Piazzale Loreto. Il movimento riprese in estate con la nascista delle Sap, che raccoglievano oltre mille uomini sotto il comando di Vinicio Franchini. Esse svolsero una intensa attività di sabotaggio e di propaganda, ma anche di sostegno alla popolazione.

A partire dal marzo 1945 sorse il Comando Piazza di Sesto, retto da Aldo Melloni e Giovanni Sordi, che garantì la difesa degli impianti. Le formazioni aziendali sgominarono un contingente di collaborazionisti francesi e arrestarono tutti i fascisti. I comitati di agitazione furono trasformati in Commissioni interne e in pochi giorni venne ripresa la produzione. Sesto ha patito oltre 500 deportati, di cui 200 deceduti; e inoltre 29 fucilati per rappresaglia, 23 caduti in combattimento e 4 in carcere.