Italia
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Fulvio Zamponi fu un antifascista e comunista monsummanese. Schedato dai fascisti nel Casellario Politico Centrale, fu costretto a rifugiarsi all’estero. Fra 1943 e 1944 divenne presidente del CLN di Monsummano e fu nominato primo sindaco dopo la Liberazione. Fra il 1953 e il 1958 fu eletto deputato.
Fulvio Zamponi nacque a Pescia il 17 febbraio 1901, figlio di Gino, un sellaio socialista, ed Enrichella Vezzani, casalinga. Abitava a Monsummano e, tra i 15 e i 16 anni, prima si iscrisse al Partito Socialista Italiano, poi fondò la Federazione Giovanile Socialista, diventandone segretario. Nel 1921 aderì al Partito Comunista d’Italia e prese parte alle riunioni degli Arditi del Popolo pesciatini, schierandosi contro il pericolo squadrista. A causa delle minacce fasciste fu costretto a recarsi prima ad Asti, poi a Torino (dove collaborò all’Ordine Nuovo), infine a Milano dove fu esponente del Comitato Sindacale Nazionale Comunista. Rientrato a Monsummano, nel 1922 emigrò a Marsiglia.
Il regime fascista lo schedò nel Casellario Politico Centrale (CPC) come sorvegliato speciale e «diffidato». Nel 1923 fu segnalata al CPC anche sua moglie, la monsummanese Giulia Faldi, indicata come «assidua propagandista […] fra le donne». All’estero in quegli anni riuscì a eludere la repressione fascista, vivendo da fuggiasco e spostandosi continuamente fra Germania, Spagna, Francia e Svizzera, dove proseguiva l’attività politica. Nel 1933 rientrò definitivamente a Monsummano con la moglie e il figlio Bruno; fu lasciato in libertà dopo esser stato arrestato e interrogato, ma fornì informazioni non compromettenti. Condusse un’esistenza appartata e mantenne un comportamento diligente fino all’occupazione tedesca, quando ricominciò il lavoro nel Partito Comunista.
Dopo la liberazione di Monsummano, il 9 settembre 1944 fu nominato sindaco dal Comitato Nazionale di Liberazione locale di cui era presidente. In quel periodo non mancarono i contrasti con l’amministrazione alleata: pochi giorni dopo fu arrestato perché era stato trovato affisso in città un manifesto giudicato come sovversivo e ideato dai giovani comunisti che «chiedeva alle donne di non comportarsi con gli alleati come si comportavano con i tedeschi». Zamponi fu picchiato e incarcerato; venne liberato dal governatore alleato dopo una quindicina di giorni. In seguito, ebbe incarichi nella federazione lucchese e pistoiese del PCI, in alcune Camere del Lavoro e in vari comuni toscani come consigliere e assessore. Dal 1953 al 1958 fu eletto in parlamento come deputato del PCI.
Zamponi morì il 18 luglio 1991; a Monsummano gli furono dedicate una strada e la sezione dell’ANPI.